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Arrivati a questo nuovo appuntamento con il Maestro di Farine José Consolandi ormai lo sappiamo: José ama stupire e, soprattutto, sfatare tanti luoghi comuni e fake news sul mondo delle farine.
Oggi ci occupiamo di spiegare perché i termini “raffinazione” e “sbiancamento” non rappresentano il mondo della macinazione e che le qualità reologiche delle farine non dipendono dalla loro classificazione in tipo 00, 0, 1 e 2.
Prima di addentrarci nella comparazione tra le varie tipologie di farine, facciamo una breve carrellata sulla loro storia. In Italia, la legislazione sulla classificazione delle farine è regolamentata dalla legge del 4 luglio 1967 n.580. È proprio questa norma a dare il via alla distinzione tra le varie tipologie di farine, ma è valida solo per l’Italia. Tanto per fare un esempio, in Francia si usa una nomenclatura diversa, che va da T40 a T150.
“Nella classificazione delle farine a fare la differenza è il quantitativo di ceneri presenti – spiega il Maestro – dove per ceneri si intendono i sali minerali contenuti nella crusca che restano quando la farina viene bruciata in un forno specifico di analisi da laboratorio chiamato “muffola”. Le farine 00, ad esempio, povere di ceneri e quindi particolarmente chiare e bianche, mentre le farine di tipo 2, che ne contengono in abbondanza, risultano molto più scure. Attenzione, però: definire le farine bianche raffinate o sbiancate è un’imprecisione! Le farine vengono setacciate, e infatti non subiscono un processo di raffinazione: lo dico perché, purtroppo, negli ultimi anni le farine cosiddette “raffinate” sono state dipinte da molti come il male assoluto per la salute”.
Essendo le ceneri i sali minerali contenuti nella crusca, la loro quantità presente nelle farine può variare a seconda del processo di macinazione e dal setacciamento, che nel settore viene detto abburattamento. Il buratto, infatti, è un macchinario con setacci di diverse dimensioni che servono a far diventare la farina della tipologia desiderata.
José Consolandi svela poi un segreto: le farine di tipo 1 e 2, oltre a quelle integrali, vengono abburattate come se fossero di tipo 00 e 0 e poi vengono integrate con le crusche.
“No – commenta José Consolandi – la farina doppio zero non è più la principessa incontrastata. Un tempo la farina 0 e la farina 00 godevano di una reputazione straordinaria ed erano considerate le migliori per la preparazione di prodotti da forno come i lievitati. Tuttavia, nel corso del tempo, le cose sono cambiate: oggi possiamo ottenere farine di forza con prestazioni e capacità di lievitazione simili a quelle della farina 00, anche se ricche di ceneri, perché le caratteristiche reologiche della farina dipendono dalla qualità dei grani selezionati e macinati.”
Possiamo dunque concludere dicendo che oggi la qualità della farina e il suo utilizzo nelle varie preparazioni non dipendono più tanto dalle ceneri, ma dalla macinazione e dalla qualità dei grani: quelli sì, che fanno la differenza!