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La pizza fritta secondo il Maestro Eduardo Ore

La pizza fritta secondo il Maestro Eduardo Ore

La passione per i sapori autentici spesso ci guida verso specialità che raccontano di tradizioni antiche e sapori decisi. Uno degli esempi più rappresentativi è la pizza fritta, una prelibatezza che affonda le sue radici nel cuore popolare di Napoli. Durante un incontro con il Maestro Eduardo Ore, rinomato interprete della pizza napoletana, abbiamo scoperto i segreti e l’evoluzione di questo piatto iconico, che unisce morbidezza e croccantezza: continua a leggere, unisciti al nostro viaggio!

Pizza fritta, un’eccellenza napoletana

La pizza fritta, o meglio, specifico, la pizza fritta napoletana, è una vera eccellenza della città di Napoli” racconta il Maestro Eduardo Ore. Anche se i fritti, così come i prodotti da forno, si preparano in tutto il mondo, dalla Cina al Sud America, dove la cultura del fritto è ben radicata, la pizza fritta napoletana ha qualcosa di unico. “A differenza dei prodotti da forno, i fritti sono più accessibili, basta una padella, l’olio e un po’ di fuoco” continua Ore. Questa semplicità ha permesso alla pizza fritta di diventare un simbolo del cibo di strada partenopeo, preparato anche in condizioni essenziali, come quelle che Ore ha visto nelle sue esplorazioni nelle zone rurali di alcuni paesi come Bolivia e Perù, dove le donne friggevano sul fuoco vivo, come si faceva in passato.

Non solo salata…

La pizza fritta non è solo una prelibatezza salata. “In realtà, secondo alcune letture storiche, a Napoli i fritti nascevano come pietanze dolci” spiega Eduardo Ore. Antiche ricette, come quelle delle zeppole, erano inizialmente preparate per deliziare i palati reali, perfette per soddisfare le richieste delle corti. Un importante testimonianza é Liber de Coquina, testo in latino volgare, redatto intorno al 1300 presso la Corte Angioina di Napoli. “Solo in seguito, da prodotto dolce si è passati a una versione salata” continua Ore. Così, da un impasto lievitato e schiacciato, è nata la pizza fritta salata, pensata come piatto accessibile, replicabile facilmente e destinato a sfamare il popolo, portando in strada la tradizione napoletana del fritto.

Da Napoli al resto del mondo

La pizza fritta, purtroppo, è spesso considerata una “Cenerentola” della pizza: una delizia popolare che spesso si pone in competizione con la classica pizza al forno. “In realtà io dico che una pizza fritta realizzata con i relativi crismi, può superare persino una pizza al forno in termini di appetibilità” afferma il Maestro Eduardo Ore, sottolineando l’anima napoletana di questo piatto che, per tradizione, appartiene al culto popolare e alla strada. La vera essenza della pizza fritta si trova infatti nei vicoli di Napoli, nei “vasci” dei Quartieri Spagnoli e non solo, dove le donne del posto, durante tutto il secolo scorso, per guadagnare qualcosa in più, preparavano e friggevano pizze davanti ai loro monolocali creando di fatto una vera tradizione.

Ore ricorda come il culto della pizza fritta a Napoli viene spesso paragonato al cugino panzarotto pugliese, o peggio ancora all’empanada argentina. “Parliamo di prodotti simili ma diversi per tipo di preparazione e identità

La pizza fritta napoletana, con il suo impasto soffice e la sua farcitura generosa, è un simbolo di convivialità e ingegno, un piatto “sfamapopolo” che non ha bisogno di forni sofisticati, solo di una padella e di un fuoco vivo. Un’autentica icona napoletana che, nata dalla tradizione casalinga, continua a portare avanti l’identità e la cultura del suo popolo.

Nel corso degli anni, grandi interpreti della pizza napoletana, tra cui lo stesso Maestro Eduardo Ore, hanno portato la pizza fritta a un livello superiore. “Nel 2016 ho dedicato un intero progetto alla pizza napoletana, mettendoci ricerca e tanto cuore” spiega Ore. L’obiettivo non era semplicemente preservare la tradizione, ma perfezionarla attraverso un’attenzione particolare alla selezione di materie prime di qualità, ad una corretta lievitazione, e ad una cottura che fosse impeccabile. “Migliorare solo per il gusto di migliorare, non ha molto senso. Ma se vuoi fare la differenza, allora sì, è importante” continua Ore.

La pizza fritta? Come ogni pietanza deve riempire non solo lo stomaco ma anche la mente…

Facciamo un passo indietro: perché la pizza fritta è considerata spesso “pesante”? La risposta, secondo il Maestro Ore, è semplice:  “Come tutti i piatti sfamapopolo, anche la pizza fritta è nata per togliere la fame, o meglio, per avere uno specifico apporto calorico”. Tradizionalmente, questo piatto doveva offrire non solo gusto, ma anche una sostanziosa fonte di energia. Le varianti classiche, come quella con ricotta e cicoli o con salame napoletano, garantivano una determinata quantità di nutrienti come carboidrati, proteine e grassi per coprire in parte l’esigenza calorica di un pasto completo.

Nel contesto del Settecento e Ottocento napoletano, una pizza fritta poteva bastare per l’intera giornata. “Un disco di pasta di 200 grammi, arricchito di ricotta o ciccioli, forniva carboidrati a lento rilascio, proteine derivanti dai latticini e una riserva di calorie dai grassi” spiega Ore. Questa ricchezza calorica era essenziale per affrontare giornate in cui i pasti erano limitati.

Oggi, però, con un diverso stile di vita e abbondanza alimentare, consumare una pizza fritta così generosa può risultare impegnativo, soprattutto se accompagnata da antipasti o dessert. Per questo Ore ha sviluppato una versione più leggera, riducendo il disco di pasta a circa 120-130 grammi e scegliendo abbinamenti meno carichi. “Ricordo una mia creazione: pizza con provola affumicata e zuppa forte napoletana, arricchita con pecorino e pepe nero. Il sapore era intenso, con l’affumicatura della provola che si mescolava alla consistenza delle carni e del pomodoro concentrato della zuppa forte napoletana, creando un’esperienza unica e concentrata” racconta Ore.

Le farine Molino Colombo per pizza fritta e i segreti del Maestro Ore

Per ottenere una pizza fritta perfetta, il Maestro Eduardo Ore utilizza la farina Fiore di Napoli da lui creata per Molino Colombo, appositamente studiata per realizzare sia la pizza al forno sia quella fritta. “La pizza fritta napoletana richiede lo stesso impasto della pizza al forno, ma con accorgimenti specifici” spiega Ore. Per esempio, è fondamentale evitare un’idratazione troppo elevata: in ambito professionale, Ore suggerisce un’idratazione intorno al 60-65% per garantire una resa costante. Per la frittura, invece, Ore consiglia un olio di semi di girasole ad alto contenuto di acido oleico. Questo tipo di olio ha un punto di fumo più elevato (attorno ai 180-190°C), permettendo di mantenere la qualità del fritto senza produrre sostanze tossiche. “Molte pizzerie utilizzano olio oltre il suo punto di fumo, rendendo il fritto meno sano. Con questo olio, invece, otteniamo una frittura stabile e più salutare” aggiunge Ore.

Per quanto riguarda la lievitazione, infine, il Maestro consiglia un impasto diretto, con una maturazione di 12-16 ore, o fino a 18 per ottenere una pizza più fragrante. “È importante evitare un’eccessiva acidità nell’impasto, poiché nella cottura ad olio si concentra in maniera determinante,” spiega Ore. Seguendo questi passaggi e con un impasto fatto a regola d’arte, la pizza fritta diventa una vera esperienza per il palato.

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